Abbiamo spesso parlato di risparmio energetico e delle possibilità offerte dall’installazione di un impianto fotovoltaico nelle case o sui tetti dei capannoni aziendali. Grazie alle celle fotovoltaiche di cui sono composti i pannelli, infatti, è possibile trasformare l’energia del sole – una fonte infinita e rinnovabile – in energia elettrica a costo zero.
Ma cosa succede quando il nostro impianto produce più energia di quanto riusciamo a consumare? Dove finisce l’elettricità in eccesso? Le soluzione sono due: o si installano delle batterie di accumulo, oppure si cede l’energia in eccesso al GSE (Gestore Servizi Energetici), una società per azioni pubblica partecipata interamente dal Ministero dell’Economia.
Dove finisce l’energia non utilizzata?
Se non si opta per immagazzinarla in batterie di accumulo per poi usarla nei momenti in cui l’impianto fotovoltaico non produce energia sufficiente al fabbisogno (di notte oppure nelle giornate particolarmente buie), è comunque possibile “recuperare” la sovraproduzione di energia per risparmiare sui costi delle bollette.
Chi possiede un impianto fotovoltaico domestico sotto i 20 kWh, infatti, può cedere l’energia che produce in eccesso alla rete pubblica, tramite il meccanismo chiamato Scambio Sul Posto SSP. In tal caso si deve stipulare un Contratto di Scambio con il GSE, all’interno del quale vengono stabilità le regole di cessione (tempi, prezzi e modalità).
Come funziona lo Scambio Sul Posto?
Se si possiede un impianto fotovoltaico senza accumulo, quando si produce troppa energia si è costretti a cederla alla rete e, viceversa la si deve prelevare dalla rete quando non è in funzione il fotovoltaico.
L’energia prodotta dai pannelli viene dunque indirizzata al contatore di casa e, qualora servisse in quel momento, utilizzata direttamente dagli elettrodomestici e dispositivi energivori in uso. Invece, l’energia dei pannelli che non viene sfruttata nell’immediato, viene incanalata verso un secondo contatore chiamato “contatore di scambio” che misura i kWh generati dai nostri pannelli e quelli immessi in rete.
Quindi avviene un continuo “scambio” di energia tra il nostro impianto e il gestore pubblico: il contatore tiene traccia di questo scambio per calcolare quanta energia consumiamo e quanta invece ne abbiamo prodotta. Si tratta dunque di un meccanismo di “compensazione” tra immissioni e prelievi, che tiene traccia di tutta l’energia immessa in rete per compensarla con tutta quella prelevata dalla rete. In questo modo viene erogato una sorta di “rimborso” sulle bollette per i prelievi di rete.
Come funziona il ritiro dedicato?
Il “Ritiro Dedicato” (o “RID”), è invece un meccanismo di vendita dell’energia. Cioè: l’utente da un lato preleva dalla rete energia (quando non autoproduce) e dall’altro vende alla rete (al GSE) l’energia prodotta.
In questo caso tutta l’energia prelevata dalla rete verrà pagata in bolletta “a prezzo pieno” senza alcuna forma di rimborso (previsto invece dallo scambio sul posto). Da un lato, quindi, si pagano le normali bollette, dall’altro si ricevono dei corrispettivi dalla vendita dell’energia immessa in rete.
Il vantaggio di questa opzione è che i prezzi di vendita sono regolati da una delibera dell’Autorità dell’energia elettrica ed il gas. I prezzi di vendita sono dei “prezzi minimi garantiti” che vanno a tutela del produttore da fonti rinnovabili.
Fotovoltaico, conviene di più lo scambio sul posto o il ritiro dedicato?
La risposta è: “dipende”. La convenienza del primo o del secondo sistema dipende infatti da come e quanto viene utilizzata l’energia prodotta. Come regola generale possiamo affermare che lo scambio sul posto conviene di più quando i kwh prelevati dalla rete sono vicini ai kwh immessi in rete. Il ritiro dedicato conviene invece quando si hanno grandi impianti che consumano poco (o niente).
Lo scambio sul posto è però attuabile solo per gli impianti fino a 200 kw. Oltre questa soglia la scelta del ritiro dedicato diventa obbligata.
GSE: eccedenze, rimborsi e compensazioni
Gli operatori elettrici trasmettono al GSE i dati relativi all’energia immessa dall’impianto fotovoltaico nella rete pubblica, oltre naturalmente a quelli relativi ai consumi dall’utente. Il GSE provvederà quindi a rimborsare all’utente i kWh che ha immesso nella rete.
Bisogna tener conto che il GSE restituirà solo la quota energia e non tutte le altre voci della bolletta (ad esempio tasse e costi di trasporto).
Per gli utenti domestici con impianti sotto i 20 kw di potenza l’ammontare ricevuto dal Gse assume rilevanza fiscale, ma non è necessaria una partita Iva e non è necessario emettere fattura. Si dovrà però riportare nella dichiarazione dei redditi la somma ricevuta sotto la voce “Altri redditi“. In questo caso la sole eccedenze vengono viste come se fossero una vendita (senza IVA) e per questo vengono dichiarate e tassate al pari del reddito del proprio lavoro. La quota ricevuta va quindi a sommarsi al reddito abituale dell’utente e verrà sottoposta l’aliquota Irpef relativa al reddito complessivo percepito nell’anno solare.
Per gli utenti che esercitano come attività commerciale o comunque per tutti quelli che hanno impianti sopra i 20 kw di potenza è obbligatorio emettere fattura. In questo caso, dunque, vengono pagate sia l’Iva che tutte le altre imposte dirette.
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